Edito nel 1991, dal “Laboratorio di poesia di Modena”
Dalla presentazione di Marie Louise Lentengre
“…Nella sua introduzione a Mi faranno santo, Giulia Niccolai citava Beckett. A designare nel migliore dei modi l’inquietudine velata di ironia che conferisce la sua autentica profondità alla poesia di Valdo. E potrei ricordare anche certe labirintiche avventure degli eroi di Robbe-Grillet. Infatti, se il poeta ancora una volta ci invita al viaggio, non lo fa per appagare il nostro sogno di un altrove tutto ordre et beauté, Luxe, calme et volupté, ma per farci ritornare su scene che conosciamo benissimo, noi colpevoli ossessionati dagli indizi che ci lasciamo alle spalle, desiderosi di verificare, di rivedere, di riparare l’errore che ci perderà, di mettere ordine, di risignificare le tracce, di correggere i ricordi…”
Le trepide conturbate allucinanti stelle
gli dei minori, gli angeli castigati troppo presto.
Il vecchio ha smantellato i pioppi che adornavano
la casa di campagna, e non adorna più la luna
le ginestre e il rauco cane che abbaia ai pini fermi
e l’uccello notturno.
La notte di settembre ci accompagna nell’uva
sdolcinata dove il canto del gallo tentenna.
Odo la voce amica nel magico silenzio dei lumi.
Nuovi segni già sono nel fieno stretto tra le corde
e gli occhi in alto e la bocca gentile che invecchia
incredula e altri ancora.
Mille sussurri piccoli alla luna nuova
che segna nitida l’ombra al sogno e poi si desta.
Ed eccola lei di nuovo che mi parla di Parigi
passando per la Spagna deliziosa col suo accento
caldo meridionale.
Come se il passato e la realtà coincidessero
per un istante
sotto le quercie e i castagni innamorati.
Per te osservo quieto in questo maggio inoltrato
alcuni misteri che emergono dalla vita.
Il dolce miele naviga gli occhi, vedo alberi estivi
in penombra, e mescolate lacrime mi prendono il cuore,
vorrebbero cullarlo.
Ho dormito così poco questa notte attendendo
che l’aria ferma notturna rinfrescasse.
Verrai? Oggi verrai e mi dirai tra le belle
labbra socchiuse chi siamo noi: che noi siamo
la rigogliosa foglia che sempre rinasce
Ed eccomi adesso dopo un tempo
che è fantastico a ricordarmi di te
di Verona e di una gita in barca mai avvenuta.
E poi persi o smarriti in quell’unico equivoco
appostato dietro l’angolo.
L’orizzonte viaggia dietro ai finestrini
appannati lungo la campagna verso Voghera.
Avrei dovuto dirtelo subito. Tutto.
E non mentirmi così come ho fatto
senza pensare, senza pensarci che tu
lo sapevi già, di me, cosa volevo.
Che volevo giungere fino a te,
fino a Genova.
Il fiume,
l’argine destro del Po tra i pioppi
passeggiando
e l’improvviso brillare del sole tra
le foglie mosse.
Mi era così caro il tuo nome e la
tua presenza: sono ancora confuso,
ma non c’è dolore, rimpianto, nostalgia.
È solo così com’è, com’era,
come rimane.
L’orizzonte viaggia dietro ai finestrini
appannati lungo la campagna verso Voghera.
Avrei dovuto dirtelo subito. Tutto.
E non mentirmi così come ho fatto
senza pensare, senza pensarci che tu
lo sapevi già, di me, cosa volevo.
Che volevo giungere fino a te,
fino a Genova.
A Tarquinia, un giorno
di primavera,
io e Mario attraversammo i campi
e giungemmo al mare.
Che luna folle in cielo
questa notte
voglio scrivere la prossima poesia.